sabato 22 aprile 2017

NON CHIAMATELI INCIDENTI

incidènte: [s.m.] Avvenimento inatteso che interrompe il corso regolare di un’azione; per lo più, avvenimento non lieto, disgrazia.

avvenimento inatteso
inatteso
inatteso
inatteso


In una giornata come quella di oggi, iniziata con la notizia agghiacciante dell'omicidio di Michele Scarponi, sono ore che mi riecheggia in mente una certezza granitica: il guidatore del furgone che lo ha ammazzato non era uscito di casa stamattina con tale preciso intento, non voleva uccidere una delle eccellenze ciclistiche del nostro Paese.

Eppure lo ha fatto.

Come non lo "volevano" fare (ma qui si potrebbe parlare per giorni del concetto di "dolo eventuale") tutti i conducenti di autoveicoli che in passato hanno popolato le statistiche - e che ancora le popoleranno - sulla continua strage in bicicletta, che produce un ciclista morto ogni 35 ore.

Ora, questo blog condivide le istanze del movimento Salvaiciclisti, che con le proprie proposte ha sempre cercato di stimolare un ragionamento serio sulla bicicletta come motore di un cambiamento  a favore della mobilità sostenibile, della vivibilità degli spazi pubblici, della qualità della vita individuale e collettiva. Anche con i miei post, talvolta velenosi e intrisi di invettiva, ho cercato di portare al centro dell'attenzione gli aspetti di una realtà vissuta dal cordolo destro delle strade. E sarà che la mia passione a due ruote, in quanto passione, vive momenti di esaltazione e di sconforto, ecco, oggi sono a pezzi. Perchè se una cosa del genere accade a Michele Scarponi, un campione, una limpida espressione di impegno, simpatia, coraggio, sacrificio che raccoglieva su di sè la stima e l'ammirazione di tutti, anche non ciclisti; se una cosa del genere succede a chi la bici la sa guidare a occhi chiusi, con perizia e abilità, chi ne padroneggia ogni vibrazione, chi ne sa spremere al meglio ogni caratteristica, se accade a un professionista, un simbolo noto in tutto il mondo, beh, allora DAVVERO non c'è più alcuna speranza.
Solo che ha provato quella sensazione di vulnerabilità che ti attanaglia mentre pedali e osservi schiere di mentecatti che conducono veicoli senza traccia di senno, può capire.
Solo chi ha trascorso ore su un sellino cercando al contempo di porre impegno in uno sforzo fisico e di rimanere incolume, con un occhio alla traiettoria e uno alle spalle, può immedesimarsi.
Solo chi ha dovuto guardarsi da cofani impazziti - o sorvegliare la prole da simili minacce - rovinandosi così una semplice passeggiata, si rende conto di cosa io intenda.
Ciò che, in questa giornata amarissima, mi suscita un disgusto viscerale non sono i ritardi, le colpe, le inerzie, della politica locale e nazionale. Non sono gli insulti dei minus habens che dalle pagine autoreferenziali sui social inneggiano all'omicidio stradale dei ciclisti.
No, nulla di tutto ciò.
Mi nausea il fatto che nel nostro disgraziatissimo Paesucolo delle banane si avverta preminente l'esigenza di trascrivere in legge misure che dovrebbero appartenere a un tesoro comune di buonsenso e convivenza civile, accettato e condiviso da tutti.
Mi insulta il fatto che certe cose sia necessario istituirle come OBBLIGO, mentre sarebbe sufficiente RAGIONARE.

In una comunità di Homo Sapiens è davvero necessario istituire come obbligo la distanza di un metroemmezzo, con tanto di sanzioni in caso di inadempienza?
MA NON CI ARRIVATE DA SOLI, MALEDETTI RINCOGLIONITI?
E chi li controllerà tutti quelli che se ne fotteranno di questa prescrizione, così come già se ne fottono di tutte le altre?

Mi indigna che le misure richieste scivolino sul piano viabilistico-penale, rinunciando del tutto a incentivare il fattore CULTURALE, fatto di cautela, prudenza, buonsenso, coscienza dei pericoli, rispetto, umiltà e attenzione. Tutte cose da insegnare da piccoli, e da selezionare negli aspiranti guidatori.


Se un incidente è definito come un evento INATTESO, oggi, a fine aprile 2017, ciò che è accaduto a Michele Scarponi e a centinaia di altri E' IMPOSSIBILE da definire tale.

Ma nel frattempo, ben vengano le stangate al guidatore idiota.

Oggi che Michele Scarponi se n'è andato così, come uno di noi, alla sera assisto quasi incredulo a uno speciale dedicatogli da Rainews24. In trenta minuti vengono anche presentate le difficoltà - a volte letali - affrontate dai ciclisti, amatori, praticanti, pendolari che siano. Il servizio è corredato da immagini raccapriccianti di bici contorte, strisciate sull'asfalto e rilievi dei carabinieri sul luogo del sinistro. Il peggio è che va in onda davanti alla mia famiglia al completo.

Ecco, Michele Scarponi se n'è andato, in questa maniera, in una fuga che ci ha lasciato tutti qui, increduli. Ma NON ERA necessaria la sua morte, una morte così, per dare evidenza al tema della sicurezza dei ciclisti in prima serata su un canale nazionale. Qui sta la mia nausea.

E se io, nel mio piccolo, ancora non so con quale faccia guarderò la mia donna domattina, quando uscirò per il mio giro di tre ore, ancora meno so quali saranno le sensazioni che proverò, se di paura, quella paura già provata in passato che a volte riaffiora, oppure di incazzatura, quella sorda, quella che spesso mi fa pensare: "Se il prossimo sono io, se mi schiacci con la tua auto, ti conviene fare in modo che non mi rialzi".


A Michele, e a tutti coloro che, usciti di casa in bici, loro malgrado si sono trovati a pedalare più in alto.