sabato 30 novembre 2013

GONFIORI

Essere ciclisti, in una certa iconografia, richiama immagini di serenità, pace col mondo, accettazione zen di qualsiasi avversità ambientale e climatica nella suprema estasi pedalatoria. E sostanzialmente è vero, complice l'appagante libertà che la bicicletta consente, che chiunque può sperimentare e testimoniare.

Ovviamente a ciò si associa l'obbligo di rispettare delle regole, fatto questo che insorge laddove vi sia la coesistenza di almeno due persone, qualsivoglia sia il contesto, e che a mio modesto avviso si pone in modo complementare e non limitativo.

Ora, calandomi nell'esperienza del pendolare ciclista mi è successo di voler integrare il semplice buonsenso con le regole cogenti, ottenendone un abbigliamento adeguatamente vistoso, e degli accessori sufficientemente visibili e di buona qualità. Come mia norma comportamentale ometto di attraversare col rosso, pedalare sulle strisce, e men che meno di procedere sui marciapiedi sfiorando i pedoni. Talvolta suscito ilarità, io in coda ad attendere il verde assieme alle auto. Mantengo una ragionevole distanza dagli autoveicoli, cercando sempre di prevederne le traiettorie e di essere sempre prevedibile senza suscitare malintesi.

E allora capita che MI SONO ROTTO I COGLIONI.

MI SONO ROTTO I COGLIONI di chi si immagina che i ciclisti siano tutti indistintamente un'accolita di boriosi indisciplinati, e mentre lo fa sfreccia ai novanta in città.

MI SONO ROTTO I COGLIONI di chi farnetica di imporre targa e casco ai ciclisti, come se queste due ridicole misure bastino a moderare gli effetti di un urto con un SUV, o a lenìre lo stritolamento sotto le ruote di un camion (ai quali, invece, non si parla neppure di impedire alcunché). 

MI SONO ROTTO I COGLIONI di spot pubblicitari degni del miglior Lombroso, nei quali dei solidi e pesantissimi pezzi di ferraglia - espressione di un livello tecnologico di due secoli fa - vengono spacciati come valore, ispirazione, emozione, del tutto incorporei e svincolati dalle responsabilità oggettive della loro conduzione su strada.

MI SONO ROTTO I COGLIONI della banalità del male, oramai sorpassata abbondantemente da atteggiamenti apertamente aggressivi e violenti nei confronti di chi sceglie la bici, che ultimamente culmina nell'esortazione a reintrodurre lo stemmino della Mercedes in posizione verticale, onde prendere meglio la mira nel puntare il prossimo rompiballe su due ruote.

MI SONO ROTTO I COGLIONI di assistere quotidianamente a decessi sulla strada nel semplice esercizio di un diritto di scelta, premesso che quest'ultimo è, e deve essere, il principale vantaggio di una democrazia (nei fatti attualmente assente in Italia), altrimenti vado a vivere in Iran che tanto sempre Repubblica è.

MI SONO ROTTO I COGLIONI dell'assenza di quelle alternative che - solo in Italia - solo a parlarne vengono viste come scese dal pianeta Marte: moderazione del traffico, direttrici di trasporto pubblico e parcheggi di interscambio per evitare l'ingresso delle auto in città, un trasporto pubblico efficace ed efficiente, limite di 30 all'ora nei centri urbani, divieto di parcheggio nei centri storici, zone pedonali, orari prestabiliti per il traffico commerciale, divieto di ingresso per i mezzi pesanti, stazioni di parcheggio custodite e protette per le biciclette in corrispondenza delle maggiori infrastrutture di trasporto (stazioni, metropolitane, capolinea autobus e tram, etc).

MI SONO ROTTO I COGLIONI della politicizzazione un-tanto-al-chilo tipica di chi abita il sedicente Belpaese, secondo cui chi parla di queste cose è irrimediabilmente un sedizioso comunista nemico del progresso e della convivenza civile, mentre le migliori conquiste nel senso della mobilità ciclistica sono state introdotte in quel borghetto di provincia che è Londra da quel verme schifoso di un antagonista Boris Johnson, fior fiore di sindaco conservatore thatcheriano, a cui ha fatto eco quel rottinculo marxista scioperato di Michael Bloomberg, plurimiliardario sindaco repubblicano di New York, eletto durante il regno di G.W. Bush.























































MI SONO ROTTO I COGLIONI di chi pontifica di piste ciclabili in sede protetta, come se servissero a qualcosa contro gli squinternati che corrono in auto, mentre ci sono esempi di parapetti autostradali sfondati come carta, o esempi di veri e propri tracciati stradali cittadini disegnati come autostrade che non lasciano scampo in caso di imprevisti. Imprevisti che divengono pure scuse, perchè chi commissiona, progetta e realizza opere di questo genere DEVE PREVEDERE adeguati margini di sicurezza da tali "imprevisti", ad esempio facendo rallentare le auto, a costo di inchiodarle a fucilate sul cofano motore. Il vero problema è INSEGNARE A CONDIVIDERE LE STRADE, PAGATE CON LE TASSE DI TUTTI (quindi anche di chi non usa l'auto).

MI SONO ROTTO I COGLIONI di chi ad ogni incidente, possibilmente mortale, ne fa una questione di visibilità, di indisciplina, di comportamento imprevedibile del singolo, di "caso isolato", di "fatalità", di imprudenza, se non proprio di "se l'è andata a cercare", "gli sta bene così impara", senza coordinare due-neuroni-due e cercare di cogliere il fatto che maggiore è l'affollamento veicolare e la relativa velocità, minori sono i margini di sicurezza per chi si trovi al di fuori dei veicoli (due soggetti a caso: ciclisti e pedoni). Il problema pertanto è che CI SONO TROPPE AUTO IN CIRCOLAZIONE, guidate spessissimo IN MODO SCELLERATO su opere alcune delle quali INSICURE.

MI SONO ROTTO I COGLIONI di chi gli obblighi e le regole le declina immancabilmente alla seconda e terza persona plurale: "voi" e "loro".

MI SONO ROTTO I COGLIONI di coloro che, guidando armi potenzialmente letali, si lamentano del fastidio che dànno le nostre biciclette, le nostre proteste, le nostre punture di spillo.

MI SONO ROTTO I COGLIONI del fatto che tutto questo mi sta rendendo cattivo e aggressivo a mia volta, e sto cominciando - io che non l'ho mai fatto - a mandare a fare in culo urlando e gesticolando gli automobilisti, sull'onda della botta di adrenalina.

MI SONO ROTTO I COGLIONI di una guerra sempre meno strisciante, sempre più asimmetrica, sempre più pericolosa, in cui ciònondimeno si rincorrono gli appelli alla correttezza, al dialogo, alla conciliazione, alla civiltà, a patto che sia da parte degli altri.

MI SONO ROTTO I COGLIONI di chi, da posizioni moralmente indifendibili, continua ad accampare scuse in un Paese che snocciola MIGLIAIA di morti all'anno sulle proprie strade. Visto che il fattore culturale (leggasi: convivenza civile, buon senso comune e normale prudenza) non fanno presa, beh, allora è il momento di interventi drastici.

E se percaso qualcuno di questi signori dovesse veramente tirarmi sotto mentre vado in bici, gli auguro di non commettere l'errore più grave: fare in modo che mi rialzi.

mercoledì 27 novembre 2013

UN BATTITO DI CIGLIA (prove tecniche di prematura scomparsa)

E allora è così che accade.

Magari una farfalla dalla parte opposta del globo terracqueo sbatte le ali, spaventando un pangolino che si chiude nella sferica corazza, causandone il rotolamento giù da una collina, e rotolando l'ignara bestiolina spezza un arbusto, le cui lunghe radici trasmettono una vibrazione nel terreno, che viaggiando attraverso la crosta terrestre riemerge dalle parti di San Giulano Milanese, proprio nel momento in cui sto affrontando distrattamente una curva a gomito, sul bagnato, troppo veloce e con postura scomposta, situazione in cui il mio baricentro è indeciso se attenersi ancora alle leggi della fisica classica o inventarsi qualcosa di naif, dandomi quella scossetta che mi fa franare a terra sul fianco destro, e scivolando con traiettoria di fuga tangenziale termino la corsa di traverso nella metà opposta della carreggiata. Pertanto contromano.

Ecco, magari è così che accade, ti ritrovi a slittare sull'asfalto umido e senza accorgertene finisci sotto un autocarro, un SUV, ma basterebbe pure una Seicento alla giusta velocità.

Un battito di ciglia, e via.

E invece no.

Perchè quella stessa farfalla, un istante dopo, si posa su un fiore, sbilanciandone la graziosa corolla sino a farne gocciolare i roridi petali, e la rugiata cadendo al suolo causa una microscopica variazione nell'assetto gravitazionale del pianeta Terra, proprio nel momento in cui, al meridiano opposto, un onesto signore sta preparandosi per uscire di casa, facendogli cadere il portamonete ed il suo contenuto, per recuperare il quale impiega quei venti secondi in più per uscire di casa, facendo in modo da NON sopraggiungere sul luogo della caduta in bicicletta proprio nell'istante in cui mi infilo contromano in scivolata.

Allo stesso tempo la medesima farfalla, stremata dalle svolazzanti fatiche di una giornata, sospira di sollievo predisponendosi al meritato riposo. E quel microrefolo, vagando per l'atmosfera, si infila in maniera surrettizia sotto la mia spalla destra facendola rimbalzare sull'asfalto, tanto da ritrovarmi, dopo una tranvata micidiale al suolo, dolorante e sub-lussato ma praticamente senza un graffio e senza neppure un osso rotto.

La strada, in città a metà giornata, è deserta.
Dietro di me, nella mia stessa direzione, arriva un autobus, ma per affrontare la curva a gomito è naturalmente costretto a rallentare a passo d'uomo.

Mi rialzo in fretta, risalgo sulla bici, e riparto come nulla fosse (a parte un dolore pazzesco alla spalla).

Ora, io sono un amante della parola, e so che per definire una simile vicenda esiste una cartesiana locuzione:
CULO.

Ma un culo di proporzioni titaniche, un pozzo di fortuna di una sfacciataggine tale da domandare scusa un giorno sì e l'altro no. E due volte nel giorni festivi.

Ancora non so quali altre lezioni trarre.

Il periodo di riposo impostomi dai medici scade tra due settimane. Forse avrò paura a riprendere ad andare in bici a lavoro.

Ma, come già detto su questo stesso blog, l'unica cosa di cui devo avere paura, è la paura stessa.