domenica 16 dicembre 2012

UN BAGNO DI REALTA'

Diciamocelo, forse stiamo esagerando.


Noialtri col sellino sotto il culo, ritti col il naso per aria o curvi sul manubrio, che guardiamo il mondo dal di quà delle nostre solide ragioni, forse siamo un pò troppo zelanti nel renderle a gran voce, queste solide ragioni. L'effetto è, forse, di indurre quella invidia negli altri, quelli che senza un volante in mano cadono preda dell'horror vacui e lo spacciano per superiorità razziale, o in quelli che, camminando, ci vedono sfrecciare dai marciapiedi invocando targhe, caschi obbligatori e magari anche le ruote quadrate.

Il fatto è che, nel tumulto delle nostre solide ragioni, a pedalare in città c'è da rischiare la collottola. Ed è questo esatto "dettaglio" che non fa presa, non emerge, non "buca", non viene compreso nei suoi contorni reali, da vita di tutti i giorni.

E allora ci voglio provare, a spiegare cosa vuol dire usare una bicicletta per i propri spostamenti, e voglio usare un esempio della mia esperienza quotidiana, un passaggio pratico, un attraversamento ciclopedonale dalle parti di San Giuliano Milanese palesemente ideato e realizzato sotto l'effetto di stupefacenti e/o sostanze psicotrope. E voglio provare a rendere una pallida idea di quali e quanto veloci debbano essere i processi mentali di un ciclista mediamente intenzionato a sopravvivere.


Il presupposto iniziale è che siete perfettamente in ordine di marcia da ciclista scrupoloso.  Siete pertanto dotati di una bicicletta efficiente, coi freni funzionanti, ruote gonfie, luci e catarifrangenti come da regolamento. Ora, provate a mettervi nei panni di chi procede verso sud lungo la pista ciclabile (1), a una velocità normale per una bicicletta, diciamo 20-22 all'ora. Il che equivale a coprire circa 6 metri in un secondo.
Questa pista ciclabile, ad un certo punto, giunge a un attraversamento (2) con una strada che alla vostra sinistra e avanti esce da un parcheggio (3): si suppone pertanto che le auto che giungano da tale direzione vi arrivino a velocità da parcheggio. Si suppone.
Alla vostra destra, invece, al di là di un guard rail scorre il tratto iniziale cittadino della Via Emilia, un'umile statale travestita da arteria a grande scorrimento, le cui corsie (4) e (5) sono separate in quel tratto da una doppia striscia continua. Velocità media stimata delle auto tra i 60 e i 70, con punte di 90. Per vostra osservazione diretta, mettiamo che sapete già che un numero significativo, ma randomico, di automobilisti suole svoltare in senso vietato (6), e lo fa in velocità perché in quel punto non si può e bisogna schivare il traffico in senso opposto.

Bene, se siete quel ciclista sappiate che mentre pedalate i passi da fare e i punti da tenere d'occhio avvicinandosi all'intersezione con tutta probabilità dovrebbero essere i seguenti:

1. è un punto pericoloso, per sicurezza devo rallentare
2. rallentando, se ho il cambio devo scalare marcia
3. se ho i pedali a scatto o i fermapiedi, devo liberare i piedi
4. arriva qualcuno da sinistra? mi avrà visto che sto avanzando in senso opposto? Si sarà accorto che sta attraversando una pista ciclopedonale e che deve essere lui a rallentare e fermarsi perché ho io la precedenza?
5. arriva qualcuno da destra in senso opposto? mi avrà visto? Si sarà accorto che sta attraversando una pista ciclopedonale e che deve essere lui a rallentare e fermarsi perché ho io la precedenza?
6. arriva qualcuno da destra nel mio stesso senso, cioè dietro di me? Mi avrà visto, considerato che dalla sua direzione io sono celato dal guard rail? Accenna, almeno un pò, a rallentare, visto che di suo sta giocando alla roulette russa attraversando una doppia striscia in ora di punta e ha fretta di togliersi di torno?

E occhio che, se non volete fermarvi, il tutto va pensato e attuato in tre-quattro secondi, non di più, girando la testa di quà e di là e cogliendo al volo l'avvicinarsi di eventuali potenziali omicidi, e - per cinque mesi l'anno - in condizioni di buio o pioggia.

Ok, una volta ripetuto l'esperimento con continuità per tre-quattro annetti scoprirete che:
  • pressoché tutti ignorano che quella è un'intersezione ciclopedonale, perché solo aguzzando gli occhi vi accorgerete che la vostra incolumità è affidata ad una scalcinata segnaletica orizzontale ormai sbiadita e semi-invisibile;
  • coloro i quali sanno che lì vi è una tale intersezione, allo stesso tempo ignorano che ciò equivale a concedere la precedenza alle bici, (traduz: FERMANDOSI ALLE STRISCE);
  • coloro i quali concedono la precedenza alle bici, lo fanno però all'ultimo momento, inchiodando, e sfiorandovi col paraurti in preda a malevolo stupore;
  • coloro che escono dal parcheggio (3) lo fanno come se uscissero dalla pit-lane dopo un cambio gomme, e avendo il Fisco alle calcagna.
Diciamocelo, noi ciclisti stiamo esagerando, a parlare.

Ogni tanto, quando cercano di uccidermi in quella intersezione (tre volte nell'ultimo mese) mi verrebbe tanta voglia di essere più ESPRESSIVO senza SBRAITARE e passare direttamente ALLE VIE DI FATTO.




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