Ci sono giorni che sembra che tutto fili alla perfezione:
Nonostante la sveglia da panettiere ti alzi pimpante come una cavalletta, pronto ad azzannare la strada.
Nonostante i cinque strati di vestiario in cui sei costretto ad intabarrarti a causa del freddo invernale, ti sbrighi in cinque minuti con elastica scioltezza.
Fischietti.
Come attacchi a pedalare la gamba risponde subito, e riesci magari ad imprimere una bella andatura già nei primi cinque minuti.
Alle rotonde e alle svolte ceselli traiettorie curvilinee degne di Giotto, con un'inclinazione laterale neanche fosse calcolata dalla NASA.
I copertoni scorrono in modo musicale, i raggi friniscono come cicale.
Tutti ti guardano, ti sorridono, ti indicano agli altri con ammirazione.
Ali di folla commossa e plaudente si accalcano ai lati della strada, acclamando l'Uomo Nuovo Che Traccia Il Solco Del Luminoso Futuro Del Pendolarismo A Basso Impatto Ambientale E Ad Alto Tenore Di Efficienza Fisica.
Da sotto il caschetto garrisce un biondo ciuffo di stirpe prediletta, immemore della tua impietosa calvizie.
Sormonti i cavalcavia, sgomini gli autotreni, arresti le automobili con un fremito delle sopracciglia.
Le rondini stormiscono in cielo in segno di saluto, anche se è Gennaio.
Le pozzanghere si scansano al tuo passaggio.
La bufera di vento che ha imperversato tutta la notte si placa come metti la ruota fuori casa, per riprendere un istante dopo il tuo arrivo a destinazione.
Giungi a destinazione profumato come un playboy, dopo avere macinato una media chilometrica che neppure la Freccia Vallone.
Per il tuo meritorio impegno ciclistico vieni proposto per la nomina a Uomo del Secolo dal management - svedese - dell'azienda dove lavori - svedese anch'essa -, più elevazione stipendiale e fringe benefits degni di un boss dei narcos messicani.
Il mondo ti sorride, sei un Ciclopendolare.
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Ci sono volte che tutto sembri contro di te.
Anche se hai dormito otto ore filate ti alzi a cannonate, con le palpebre pesanti come un pane di ghisa, e con l'unico neurone attivo rimugini un "Ma chi cacchio me lo fa fare".
Il rasoio da barba sembra incattivirsi sulla tua faccia sconvolta, ti radi praticamente a memoria mentre schiacci un pisolino supplementare.
Nonostante la consuetudine a indossare sempre il solito abbigliamento tecnico, ti incasini con le cerniere, i velcro si aggrappano ovunque, infili le maglie al contrario.
Dopo mezz'ora di vestizione, già sudato fradicio perché sei dentro casa, ti si spezzano i lacci delle scarpe.
Imprechi.
Come attacchi a pedalare senti le gambe farcite di calcestruzzo.
Dopo venti minuti sei ancora lì che arranchi con le ginocchia che cigolano.
Vai in affanno al primo dosso artificiale, dopo mezz'ora sei in ipoglicemia.
Incedi con assetto precario tentando di ridestare polpacci e quadricipiti, ancora in fase REM (loro).
Ripensi alla sera prima, e ti interroghi se a fregarti così sia stata la bagna cauda, la peperonata che ne è seguita o la sfida finale a grappini con gli amici norvegesi.
Percepisci il sellino che poco alla volta ti sta intarsiando scene di caccia sul perineo.
Ti inquieti udendo la bici emettere sinistri stridori e suoni mai avvertiti prima, paventando un improvviso cedimento catastrofico.
L'azienda tramviaria cittadina ha posato nottetempo tre nuove linee di binari lungo il tuo percorso usuale, anche dove i tram già passavano.
Le auto ti sorpassano strombazzando a un centimetro. Qualcuno ti riserva epiteti irripetibili, vagamente riferiti alla inopportunità della tua presenza per strada, se non anche al mondo.
Subisci gli strali biliosi del primo pedone che incontri, che ti inveisce gesticolando tutto il proprio sedimentato odio verso i ciclisti, anche se stai transitando a duecento metri da lui (lo fa per tenersi in esercizio).
Bambini dispettosi attendono il tuo passaggio per gettare manciate di chiodi.
Alla tua vista le pozzanghere convergono verso di te.
Vieni fermato da una pattuglia di vigili urbani, chiamati da un passante allertato dal tuo inusitato transitare, certamente foriero di malaffare, eccentricità, libero pensiero e violazione dell'Ordine Costituito. Mentre vengono setacciate le tue credenziali con dovizia di particolari e malcelato disprezzo, dieci metri più in là quattro energumeni stanno menando una vecchietta a scopo di rapina, ridendo indisturbati.
Riesci ad arrivare alla méta nonostante tutto, con una media chilometrica degna di un triciclo sgonfio controvento.
Vieni accolto dai frizzi e lazzi dei colleghi, che ti sfotteranno fino alla pensione ma intanto ti faranno ritrovare la bici sul tetto a fine giornata. Ma tanto già ti sfottevano da prima, e quella è la quarta bici che ricompri dopo tre precedenti furti.
Il mondo ti odia, sei un Ciclopendolare.
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