venerdì 14 giugno 2013

AUTOMAZIONE UMANA



Talora mi accade di avvertire lo scorrere del tempo come un ticchettìo di lancette. Solo che le "lancette" non sono le due bacchette roteanti sul quadrante di un orologio, assomigliano piuttosto ai personaggi dell'orologio della Cattedrale di Strasburgo, che compiono sempre lo stesso giro a beneficio dei turisti.

E' questa l'impressione che mi dà l'osservazione della strada ogni mattina, e lo scoprire le stesse persone compiere la stessa operazione nello stesso luogo allo stesso momento.
Non è come può essere, ad esempio, incontrare le stesse persone alla fermata del bus o del treno: lì c'è una costrizione temporale dettata da orari di arrivo e partenza.
In questo caso no, mi dà più l'impressione di assistere a un presepio meccanico, una casualità automatizzata che mi crea una punta di disagio se raffrontata al concetto di "libero arbitrio" e "casualità degli eventi".

In alcuni momenti di deja-vu particolarmente intenso mi sento come Bill Murray in "Ricomincio da capo", ma senza la marmotta.

La varietà di personaggi non manca di certo:
  • l'attempato signore canuto con occhiali sullo stradone appena parto, che osserva tutto con sguardo da gufo impagliato e ogni mattina è come se mi vedesse per la prima volta;
  • un altro signore canuto con occhiali però presso il bar di Civesio, mai visto effettivamente entrare o uscire, sta lì e basta;
  • la donna con gli occhiali e tutona da ginnastica che pascola il suo bruttissimo cane nero sul cavalcavia Parri verso San Giuliano;
  • l'arancionissimo furgone TRACO che passa alla stessa ora nello stesso tratto di strada che costeggia l'aeroporto di Linate, sempre doviziosamente sfiorandomi con la fiancata ai novanta all'ora;
  • il signore dalle fattezze orientali che accende il motore della sua Opel Corsa nera parcheggiata sempre nello stesso posto e nello stesso modo fantasioso (recentemente deve essersi accorto anche lui della comicità della cosa, e come mi vede si mette a ridere);
  • l'ignaro benefattore con scooter rumorosissimo a 25 all'ora, nella cui scia mi infilo e mi lascio risucchiare per centinaia di metri tra la rotonda di San Giuliano e quella di Metanopoli (poi io giro a destra, lui va dritto e il trucco finisce);
  • lo stesso gregge di caprette nane (giuro, ho le foto) che bruca sull'argine del Lambro guardate a vista dal loro giovane padrone;
  • il signore palesemente sudamericano che carica il bagagliaio della sua scassatissima monovolume verde metallizzato, a Ponte Lambro, nella cui nube di motore acceso mi infilo regolarmente, per la gioia dei miei alveoli polmonari.
E poi c'è lui, il Baffo. Il mio preferito.

Il Baffo è un ignoto ciclista di mezza età, se non molto oltre, dai connotati spigolosi e affilati, di una magrezza inquietante come tutti i ciclisti, capellone e totalmente canuto sotto il casco, e dall'apparente statura di due metri.
Sfoggia una paio di mustacchi di eguale tinta e di proporzioni tali da  far fallire qualsiasi tentativo di scatto o accelerazione, talmente sono ingombranti e resistenti all'aria.
Il Baffo lo incontro in senso inverso, al pomeriggio, quasi sempre nella zona di Sesto Ultieriano-Civesio, e pertanto anche lui alle prese con autocarri e furgoni che gli sfrecciano a dieci centimetri.
Pedala serafico con un movimento lungo e rotondo delle sue lunghe leve, le spalle ossute ripiegate e storte sul manubrio da strada in presa alta alle manopole, il suo equipaggiamento mediamente adeguato, no occhiali né guantini.
Il suo pacioso sguardo fisso avanti (non ha mai accennato minimamente ad accorgersi di me) mi comunica eleganza, di quel tipo di eleganza strafottente di chi sa di avere raggiunto i suoi traguardi e di starsi godendo le meritate ferie di fine vita. Quell'eleganza menefreghista di chi non ha neppure bisogno di sembrare (figurarsi esserlo) aggressivo.
Ecco, il Baffo è il mio preferito perchè scombussola quel clima di automazione umana creato dai gesti ripetitivi dei personaggi di prima.
Lui no, Lui fa sempre quella stessa cosa nello stesso momento e nello stesso luogo perché Lui il Suo Tempo lo governa, lo plasma. Lui la strada non la segue: è Lui che la crea al Suo passaggio, lasciandone poi beneficio agli altri.

Spero ogni volta di vederlo, e ogni volta che lo incrocio mi convinco con sollievo che c'è ancora vita, e speranza, su questo pianeta.

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