mercoledì 27 novembre 2013

UN BATTITO DI CIGLIA (prove tecniche di prematura scomparsa)

E allora è così che accade.

Magari una farfalla dalla parte opposta del globo terracqueo sbatte le ali, spaventando un pangolino che si chiude nella sferica corazza, causandone il rotolamento giù da una collina, e rotolando l'ignara bestiolina spezza un arbusto, le cui lunghe radici trasmettono una vibrazione nel terreno, che viaggiando attraverso la crosta terrestre riemerge dalle parti di San Giulano Milanese, proprio nel momento in cui sto affrontando distrattamente una curva a gomito, sul bagnato, troppo veloce e con postura scomposta, situazione in cui il mio baricentro è indeciso se attenersi ancora alle leggi della fisica classica o inventarsi qualcosa di naif, dandomi quella scossetta che mi fa franare a terra sul fianco destro, e scivolando con traiettoria di fuga tangenziale termino la corsa di traverso nella metà opposta della carreggiata. Pertanto contromano.

Ecco, magari è così che accade, ti ritrovi a slittare sull'asfalto umido e senza accorgertene finisci sotto un autocarro, un SUV, ma basterebbe pure una Seicento alla giusta velocità.

Un battito di ciglia, e via.

E invece no.

Perchè quella stessa farfalla, un istante dopo, si posa su un fiore, sbilanciandone la graziosa corolla sino a farne gocciolare i roridi petali, e la rugiata cadendo al suolo causa una microscopica variazione nell'assetto gravitazionale del pianeta Terra, proprio nel momento in cui, al meridiano opposto, un onesto signore sta preparandosi per uscire di casa, facendogli cadere il portamonete ed il suo contenuto, per recuperare il quale impiega quei venti secondi in più per uscire di casa, facendo in modo da NON sopraggiungere sul luogo della caduta in bicicletta proprio nell'istante in cui mi infilo contromano in scivolata.

Allo stesso tempo la medesima farfalla, stremata dalle svolazzanti fatiche di una giornata, sospira di sollievo predisponendosi al meritato riposo. E quel microrefolo, vagando per l'atmosfera, si infila in maniera surrettizia sotto la mia spalla destra facendola rimbalzare sull'asfalto, tanto da ritrovarmi, dopo una tranvata micidiale al suolo, dolorante e sub-lussato ma praticamente senza un graffio e senza neppure un osso rotto.

La strada, in città a metà giornata, è deserta.
Dietro di me, nella mia stessa direzione, arriva un autobus, ma per affrontare la curva a gomito è naturalmente costretto a rallentare a passo d'uomo.

Mi rialzo in fretta, risalgo sulla bici, e riparto come nulla fosse (a parte un dolore pazzesco alla spalla).

Ora, io sono un amante della parola, e so che per definire una simile vicenda esiste una cartesiana locuzione:
CULO.

Ma un culo di proporzioni titaniche, un pozzo di fortuna di una sfacciataggine tale da domandare scusa un giorno sì e l'altro no. E due volte nel giorni festivi.

Ancora non so quali altre lezioni trarre.

Il periodo di riposo impostomi dai medici scade tra due settimane. Forse avrò paura a riprendere ad andare in bici a lavoro.

Ma, come già detto su questo stesso blog, l'unica cosa di cui devo avere paura, è la paura stessa.




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