sabato 20 giugno 2020

MiBor 2020

Sembra il nome di un indice di borsa, uno di quelli che con un numerello buttato là sintetizzano la rovina o l'esaltazione degli speculatori, quattrini gettati alle ortiche oppure moltiplicati dal nulla.

E invece no, non è un indice azionario, non si scambia sul mercato, ma promette altrettanta esaltazione: MiBor 2020 è il nome del viaggio in bicicletta di cinque giorni da Milano a Bormio assieme al mio amico Luca, inventato letteralmente in un paio di ore e qualche messaggio su whatsapp, quale diretta conseguenza del coperchio che saltava dopo due mesi di arresti domiciliari dovuti all'emergenza COVID-19.

Fondamentalmente il tracciato che seguiremo è piuttosto noto a tutti e due, ma è lo spirito che sta facendo la parte maggiore: finalmente io sperimenterò per la prima volta un viaggio in compagnia, e Luca consoliderà la propria esperienza inaugurata lo scorso anno in Abruzzo.


L'impostazione sarà "bici+tenda", con tutto il necessario per dormire, cucinare, lavare, in autonomia. Un viaggio in salita, dalla pianura al fiume, al lago e poi alla valle, e sù sul monte: attraverseremo Milano che si risveglia, percorreremo tutta la Martesana, risaliremo l'Adda fino a Lecco, poi saliremo in Valsassina, riscenderemo sul lago, quindi Colico e il Pian di Spagna, reincontreremo l'Adda e solcheremo la Valtellina lungo il famoso tracciato ciclopedonale; tappa a Tirano (in hotel, ma solo perchè la località non offre campeggi), e giungeremo a Bormio il quarto giorno. In ultimo, ci cimenteremo nella salita (senza bagagli!!) sino ai Laghi di Cancano. Termineremo il viaggio con una galoppata tardo-pomeridiana in discesa da Bormio a Tirano, per l'ultimo treno della giornata (capotreno permettendo, data la malevolenza di Trenord verso i ciclisti).

Diversamente da quanto si possa pensare, nelle nostre aspettative sarà proprio l'assenza di grosse incognite il fattore che giocherà a favore di un'esperienza placida, tranquilla, serena e a misura di pedale.

Abbiamo approfittato di un allineamento di pianeti, visto che - a causa dei reciproci impegni di lavoro - non siamo mai riusciti a organizzare qualcosa di più serio di una biciclettata di una mezza giornata nel circondario di Milano (ma anche, in un caso, mentre eravamo in ferie assieme in Abruzzo) oppure di una nottata (nel caso delle due Ciclonotturne del Canale Vacchelli e della Valtellina); entrambi avevamo un credito di ferie da smaltire, e allora via!!! (non senza il previo assenso delle consorti...).

La scorsa settimana l'attenzione è stata alta a causa della marcatissima instabilità del meteo che ha caraterizzato questo lentissimo ritorno alla "normalità", dopo una quarantena di clima spettacolare; ma pare proprio che Giove Pluvio voglia essere magnanimo con noi, la prossima settimana.

Le ultime 24 ore, nel pieno della preparazione, sono state fitte di scambi, contatti, consigli e suggerimenti ("Il bucato lo facciamo assieme? Il detersivo lo porti tu?", oppure: "La colazione al bar oppure in campeggio?", "La pompa e le toppe?).

Ho cercato di sfruttare tutta la mia esperienza passata soprattutto per sfoltire l'elenco delle cose da portare; alla fine credi di avere esagerato con le cibarie, e Luca (che sta sempre più assumendo il ruolo di mio Grillo Parlante) mi ha tempestivamente rammentato che nostri piani includono anche il fare soste nei supermercati giorno per giorno, proprio allo scopo di non appesantirci troppo.

La partenza è prevista Lunedì 22 alle ore 08.00.

Vi aggiorneremo puntualmente.

Buon viaggio.


I Luchi





martedì 31 marzo 2020

IL MONOCANE

Ormai è un appuntamento fisso nei miei allenamenti in Oltrepò pavese.

Per quanto sia piccolo e fugace il momento, è qualcosa che ho imparato a sentire come significativo, una presenza (anche se forze non troppo "amica"), ma costante, un connotato del paesaggio a cui ti affezioni perchè ti fornisce una coordinata cui riferirti.

Mi ci sono imbattuto sin dalla prima volta che ho scalato la salita di Bosco Casella, una bella erta di asfalto in condizioni tutto sommato accettabili, impegnativa il giusto e dalla visuale aerea e aperta mano a mano che si sale dal fondo della Valle Scuropasso.

Tra uno sbuffo e un tornantello passa in mezzo a vigneti e casolari, ma anche qualche villa. E costeggiando fuori sella una di queste, un latrato mi ha fatto sobbalzare, da oltre l'alta siepe di cedro lauro che la nascondeva alla vista. Un latrato, uno solo - WHOOF!!! - poi più nulla, mentre procedevo per la mia strada e sparivo oltre una curva. Il timbro era possente, di grosso mastino, ma con una nota prevalente di dignitosa stanchezza, di onorevole anzianità, nulla di malevolo come certi cani da villa sanno essere.

Da quel momento, ogni volta su quella salita la scena era la stessa: il latrato, uno solo - WHOOF!!! - mi accoglieva mentre ansimavo, poi più nulla, come se il dovere fosse compiuto, la pappa guadagnata per il giorno, il più è fatto, torniamo a riposare le stanche membra.

Incuriosito, un giorno transitando sono anche riuscito a intravedere il bestione in un varco nella siepe: un gigantesco mastino, credo napoletano, nero come la notte e dall'andatura penzolante.

Il nostro piccolo rito si è sempre ripetuto con regolarità, ogniqualvolta mi sono cimentato con quella salita (una delle mie preferite, quindi abbastanza spesso). E ho addirittura nutrito una qualche preoccupazione - data la veneranda età dell'esemplare - quando, per un certo periodo, non ho udito il tipico mono-abbaio: ho addirittura pensato di suonare al portoncino della villa per chiedere notizie sulla salute del custode zannuto e quadrupede. strana cosa, questa, perchè in generale i ciclisti-che-pedalano non sono troppo amati dalla popolazione canina, sentimento ricambiatissimo in proporzione decuplicata da parte di chi scrive.

Ma - oh, la gioia! - dopo qualche settimana di assenza il monocane si è palesato nuovamente col suo caratteristico verso, stentoreo e autorevole ma singolo, a segnare l'approssimarsi della metà salita.

E allora via, a spingere sui pedali, grazie a cotanto incitamento.


I

lunedì 23 marzo 2020

A NIGHT WITH GHISALLO

Per un istante non volevi credere ai tuoi occhi, poi però ti sei reso conto che era tutto vero, davanti a te, una di quelle occasioni uniche - non rare, nè rarissime, UNICHE - del trovarsi al momento giusto nel luogo giusto.
Assisti nel silenzio della notte, sul ciglio della strada dove hai accostato mentre salivi, il tuo respiro si placa e si fonde nel respiro della notte.
Mentre da lontano percepisci gli altri del gruppo che sopraggiungono, davanti a te continua lo spettacolo di cui non ti scorderai mai più finchè vivi...

Sei partito un'ora prima dal parcheggio di Magreglio, sul ramo lecchese del Lario, assieme ad altri tuoi simili, in una di quelle iniziative che si posizionano tra il prometeico e il demente, ma che ti esaltano così tanto. Sei calibrato su questo tipo di sublimi scemenze, dal Cimento Invernale in gruppo lungo la Valtellina a fine Gennaio, una nottata a -9°C, alla traversata in solitaria delle Alpi Norvegesi in completa autonomia. Il diploma da demente è pertanto pienamente meritato.
L'appuntamento carbonaro era con Davide e il suo amico Matteo, in una sera di fine giugno, aria tiepida e cielo terso. Una volta lì hai trovato altra gente, Stefano ad esempio, tutti intenzionati a scalare il Superghisallo in notturna.
Rapidamente consumati i preparativi, tra cui un bel paio di luci notturne, il gruppetto si è avviato.
A 500 metri dalla partenza ti è stato subito chiaro, direi lampante, quale musica avrebbe accompagnato la serata: ti ritrovi in mezzo ad una muta di lupi famelici che hanno iniziato subito ad azzannare l'asfalto ai 40 all'ora, in direzione di Bellagio.

Il pacchetto si è compattato come un convoglio ferroviario, e lungo la strada ormai semideserta si sono avvicendati fotogrammi sfocati di borghi sonnacchiosi, di scorci del lago all'imbrunire, la corona di cime a oriente colorate dal tramonto in tinte pastello, su un fondale indaco.
Non una parola da parte degli umani in corsa, sostituita da un dialogo basato sul ticchettìo del cambio, sul ronzìo della catena, sul fruscìo delle coperture sull'asfalto, di un timbro e una tonalità tipici una volta superati i 35 all'ora.

Lo scurire della sera ha acceso le lucine posteriori del branco pedalante che sfrecciava in silenzio religioso verso il rotondone che ha alfine dato inizio alle danze, quelle vere, quelle da cui non ne esci se non quando hai terminato, quelle per le quali non esistono scorciatoie nè nascondigli.

La strada ha iniziato a impennarsi, il gruppetto a sgranarsi, e ti sorprendi sentendo la tua risposta. Sei riuscito a salire senza soffrire molto, non sapendo il perchè (l'adrenalina?) ma hai smesso subito di domandartelo preferendo goderti il momento (qualche anno più tardi constaterai, percorrendo quella stessa ascesa più volte in differenti condizioni - e in un caso anche in gara - che il tuo rendimento precipita nettamente con l'aumentare della temperatura).

L'obiettivo è divertirsi, quindi vi siete aspettati, avete rallentato il giusto quando serviva, avete mantenuto il gruppo. I fasci di luce fendevano il buio sui tornanti di una delle salite più famose del mondo, in un silenzio primordiale. Al bivio di Palaino, in corrispondenza della casona gialla, Stefano e un altro erano già lì ad aspettare da un pò, andati in fuga tempo prima. Una volta ricompattata la comitiva, siete ripartiti verso Piano Rancio, e come sono iniziati i tornanti, hai preso un bel vantaggio.

Superato un tornante, mentre ascendevi con Bellagio in basso alla tua destra, la coda dell'occhio ha avvertito un fioco bagliore, una luminescenza, qualcosa di indistinto, quasi fosse uno scherzo della fatica.

E invece no.

E' sotto i tuoi occhi.

E' tutto vero.

Il pratone che degrada verso il lago è vivo, si muove, fluttua dolcemente di un vastissimo tappeto di punti luminosi che lo popolano.

Un miliardo di lucciole si sono date appuntamento in quel luogo, quella sera, per reiterare il loro rito milllenario, ignare di te e dell'onore colossale che ti viene fatto: l'invito alla loro danza.

Spegni il faretto sulla bici, e ti scopri a sorridere, da solo e al buio, in compagnia delle tue nuove luminose amiche, in un silenzio siderale. Più oltre, seguendo il declivio con lo sguardo si intuisce la sottostante Bellagio, incorniciata dalla prospettiva delle coste illuminate che si specchiano nelle acque oleose del lago.

Il momento senza tempo dura un solo minuto, trascorso il quale gli altri ti hanno raggiunto senza fermarsi, non sono granchè interessati allo spettacolo naturale... colmate quindi il dislivello restante per scollinare al Piano Rancio, e con la cautela dettata del fondo stradale che sapete essere in pessime condizioni scendete fino alla Madonna del Ghisallo.
Anche qui il gruppetto non si ferma, ma infila senza indugio alcuno la brusca svolta a destra che nel volgere di duecento metri attraversa l'abitato e perfora nuovamente il buio.

Ha inizio una delle esperienze più folli mai vissute in vita tua: distanziandovi opportunamente, infatti, uno alla volta vi buttate in picchiata verso Asso, una discesa lungo la quale non è infrequente toccare i 70 all'ora. Solo che lo state facendo NELL'OSCURITA' ASSOLUTA. La tua intera esistenza si contrae quindi nel momento presente, con i sensi a mille, il tuo campo visivo focalizzato al cono di luce davanti a te che deve traguardare la lucina rossa di chi ti precede, mentre tieni saldo il manubrio e imposti le traiettorie ad intuito. Percepisci nettamente il fresco del Ghisallo mutare nel tiepido degli strati più bassi, il baccano dell'aria ti assorda, ma tu sei un contenitore di endorfine vivente.

Il ritorno a Magreglio avviene per l'usuale svolta a sinistra verso Onno, ripercorrete i tunnel di cemento squadrato, l'arrivo al parcheggio avviene senza complimenti, come fosse roba di tutti i giorni, come se fosse normale.

Tu, invece, farai fatica ad addormentarti una volta tornato a casa, e ancora adesso indulgi nel ricordo di quella serata in cui testa, cuore e gambe si sono fuse col paesaggio.