martedì 31 marzo 2020

IL MONOCANE

Ormai è un appuntamento fisso nei miei allenamenti in Oltrepò pavese.

Per quanto sia piccolo e fugace il momento, è qualcosa che ho imparato a sentire come significativo, una presenza (anche se forze non troppo "amica"), ma costante, un connotato del paesaggio a cui ti affezioni perchè ti fornisce una coordinata cui riferirti.

Mi ci sono imbattuto sin dalla prima volta che ho scalato la salita di Bosco Casella, una bella erta di asfalto in condizioni tutto sommato accettabili, impegnativa il giusto e dalla visuale aerea e aperta mano a mano che si sale dal fondo della Valle Scuropasso.

Tra uno sbuffo e un tornantello passa in mezzo a vigneti e casolari, ma anche qualche villa. E costeggiando fuori sella una di queste, un latrato mi ha fatto sobbalzare, da oltre l'alta siepe di cedro lauro che la nascondeva alla vista. Un latrato, uno solo - WHOOF!!! - poi più nulla, mentre procedevo per la mia strada e sparivo oltre una curva. Il timbro era possente, di grosso mastino, ma con una nota prevalente di dignitosa stanchezza, di onorevole anzianità, nulla di malevolo come certi cani da villa sanno essere.

Da quel momento, ogni volta su quella salita la scena era la stessa: il latrato, uno solo - WHOOF!!! - mi accoglieva mentre ansimavo, poi più nulla, come se il dovere fosse compiuto, la pappa guadagnata per il giorno, il più è fatto, torniamo a riposare le stanche membra.

Incuriosito, un giorno transitando sono anche riuscito a intravedere il bestione in un varco nella siepe: un gigantesco mastino, credo napoletano, nero come la notte e dall'andatura penzolante.

Il nostro piccolo rito si è sempre ripetuto con regolarità, ogniqualvolta mi sono cimentato con quella salita (una delle mie preferite, quindi abbastanza spesso). E ho addirittura nutrito una qualche preoccupazione - data la veneranda età dell'esemplare - quando, per un certo periodo, non ho udito il tipico mono-abbaio: ho addirittura pensato di suonare al portoncino della villa per chiedere notizie sulla salute del custode zannuto e quadrupede. strana cosa, questa, perchè in generale i ciclisti-che-pedalano non sono troppo amati dalla popolazione canina, sentimento ricambiatissimo in proporzione decuplicata da parte di chi scrive.

Ma - oh, la gioia! - dopo qualche settimana di assenza il monocane si è palesato nuovamente col suo caratteristico verso, stentoreo e autorevole ma singolo, a segnare l'approssimarsi della metà salita.

E allora via, a spingere sui pedali, grazie a cotanto incitamento.


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