domenica 27 gennaio 2013

FAST COMMUTER D'ESTATE

Mi sveglio la mattina che c'è già luce, nonostante sia prestissimo. E questo contribuisce a risvegliarmi più velocemente.

Mi vesto in men che non si dica, perché non serve molto vestiario e durante la giornata farà ancora più caldo.

Predispongo la bici, che è lieve e riconoscente perché non gravata da tutti i fari, faretti, batterie e accessori luminosi che servono col buio.

Esco nel fresco umido del mattino, e con le prime pedalate colgo la vita già pulsante attorno a me, in contrasto con la scarsità di presenza umana. L'aria in faccia mi schiaffeggia senza che la senta.

Le coperture filano silenziose sull'asfalto, trasmettendomi ogni più piccola asperità del tracciato. E' come se mi stendessi progressivamente sull'asfalto, e vi aderissi lungo i miei usuali venti chilometri.

Avverto gli insetti che mi sfiorano, e a volte non riescono ad evitarmi.

L'aria scaldandosi mano a mano cambia odore, da un aroma di vegetazione bagnata muta in qualcosa di artificiale, assorbendo forse l'essenza dell'asfalto, del cemento, degli scarichi delle auto.

Una pedalata dopo l'altra mi scopro a ripensare a come lo stesso luogo cambi a seconda della stagione, e la mia esperienza da ciclopendolare sia composta da diversi "quadri", come scene di un film, o atti teatrali. Ogni "quadro" possiede peculiarità sensoriali a sé stanti, odore, colori predominanti, rugosità della superficie, e difficoltà tecniche differenti. Ma la transizione tra una scena e l'altra avviene con dolcezza, non è un tuffo nell'acqua ma piuttosto un immergersi progressivo in acque dalla differente temperatura e trasparenza.

Cerco in tutti i modi di non smettere di pedalare, e continuare ad avanzare, in modo da continuare ad essere investito dall'aria e non sentire l'umidità ed il caldo. I semafori rossi sono il vero inevitabile supplizio. Il caschetto raggiunge temperature interessanti.

Il sole arrostisce le parti esposte fuori dalle maniche e dai pantaloncini, creando alla lunga effetti abbronzanti a dir poco naif.

Mi disseto di quella luce che tanto mi è mancata durante le pedalate invernali, lascio che mi attraversi e mi immedesimo nel paesaggio, non semplicemente osservandolo ma facendone parte.

E quando arrivo a destinazione non è mai una fine, ma è il più bell'inizio.





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