domenica 11 agosto 2019

LA CICLABILITA' INIZIA LONTANO DALLE STRADE



Come sappiamo la ciclabilità di un Paese è dapprima una questione culturale, intesa come approccio mentale e politico al tema (che orienta le scelte), ma anche filosofica, di pianificazione, poi calata nei suoi risvolti pratici, quotidiani.
Volendo concentrarci solo sulla mobilità casa-lavoro, e volendone scremare le difficoltà ambientali e di viabilità (conducenti assassini, traffico impazzito, inquinamento atmosferico), i problemi di un ciclista pendolare partono da molto lontano, e implicano aspetti stranissimi, che partendo da una prospettiva obliqua si inseriscono a pieno titolo nel novero delle questioni centrali.
Me ne sono accorto col tempo, mano a mano che mi capitava di condividere le mie esperienze, via via che mi trovavo a rispondere alle domande, a soddisfare le curiosità di chi non mi considerava solamente un eccentrico mattacchione, ma nei miei racconti intuiva un solido stile di vita.
Il mio stupore è sorto improvvisamente nel momento in cui venivo definito, al termine delle conversazioni, "un privilegiato", ed il mio "privilegio": la mia fortuna sfacciata, la mia incommensurabile botta di culo era costituita nientepopòdimenoché dall'avere a disposizione UNA DOCCIA in ufficio, in piena efficienza e utilizzata tutti i giorni.
Addirittura con l'acqua calda.

Una doccia è un privilegio?
In un Paese sedicente occidentale?
Nel 2019?

Una doccia, una stupidissima doccia, viene considerata "un privilegio", l'assenza della quale scoraggia i più dall'avvicinarsi alla bicicletta per recarsi a lavoro.
Scopro quindi che nel mondo reale (non, quindi, nel Paese delle Meraviglie costituito dalla mia occupazione) le persone "normali" NON HANNO LA POSSIBILITA' DI LAVARSI. Neppure una sciacquatina, nulla.
(Mi domando se lavorare in certi ambienti non costituisca un'esperienza olfattiva assai intensa, a prescindere dalla bici...).
Nel momento in cui ho iniziato ad aggiungere che, per sovrammercato, avevo (come tuttora ho) la possibilità di ricoverare la bici al chiuso, addirittura di portarmela in ufficio (e non sono neppure il solo, ho anche un altro collega che lo fa), le conversazioni si sono sempre interrotte, finendo nel nulla del mio sbigottimento e dello scetticismo del mio interlocutore, ormai convinto di star parlando con un alieno, le cui esperienze non sono riproducibili nel mondo "normale".

Ora, si fa un gran parlare delle promozione della mobilità ciclistica, eccezionale tema che è possibile declinare in mille modi, dal turismo lento agli spostamenti in città.
Ma in tema di casa-lavoro in bici, e alle sue benefiche conseguenze decongestionanti per il traffico, a mio insignificante avviso bisognerebbe iniziare molto prima e molto più da lontano dello stanziamento di somme multimilionarie - comunque necessario - per la costruzione delle piste ciclabili.

Secondo me bisognerebbe prevedere un OBBLIGO (e qua sta il VERO PROBLEMA) di inserire negli edifici di nuova costruzione destinati a luogo di lavoro, qualsiasi settore si tratti (non solo industria, quindi, ma anche agricoltura e commercio/terziario), una o più docce con spogliatoio in proporzione all'occupazione media prevista.

Così semplice, tutto qua?

No, non basta.
Bisognerebbe obbligare anche a costituire un ricovero protetto per le bici, alla stessa stregua di quando si asfaltano i parcheggi attorno agli edifici. E nessuno mi venga a paragonare la metratura necessaria per le bici con quella delle automobili, tantopiù che le bici si possono riporre IN VERTICALE.

Per una questione di ragionevolezza non mi spingo a sognare un provvedimento che obblighi i datori di lavoro a mettere mano alle proprie infrastrutture in tempi più rapidi, un pò come accadde ai tempi dell'adeguamento degli esercizi pubblici con il divieto di fumare.

Sono questi piccoli accorgimenti e piccole infrastrutture dedicate, che - mi piace vincere facile - in molti Paesi esteri sono la norma, a contribuire in modo decisivo a superare lo scoraggiamento e lo scetticismo di chi vede il pendolarismo a pedali come uno stile di vita lontano, fuori portata.
Sono "fuori portata" se li si vede da qui, dal nostro piccolo scrigno italiano; le differenze stridenti iniziano a sorgere allorquando "gli stranieri" ci portano in casa i loro esempi, i loro modelli, il loro stile di vita. Tipo Amazon, che nella sua nuova e avveristica sede di Milano-Monte Grappa ha previsto, al piano terra, uno spazio chiuso dove parcheggiare le biciclette, dotato di armadietti per riporre l'attrezzatura e cambiarsi. In Italia, oggi, nel cosiddetto "Paese reale".
Perchè il sale della democrazia è il diritto di scelta di ciascuno, nel rispetto dei doveri propri e diritti altrui, nel rispetto della comunità e delle sue regole, e nel rispetto dell'ambiente naturale.
Perchè le infrastrutture ciclabili sono senza dubbio un tassello essenziale del quadro generale, ma una volta arrivato a lavoro dovrai pur lavarti e cambiarti!!!!


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