giovedì 31 ottobre 2013

L'ALLEGRA VITA DEL CICLISTA - Parte 6: Parla come mangi (letteralmente)

Una delle peculiarità dell'andare bicicletta è il contatto con il circondario, con la realtà che attraversi, una maggiore vicinanza anche con le persone che incontri.

Questa particolarità si oppone nettamente alla percezione inscatolata propria dell'automobile, per quanto ampi e panoramici possano essere i cristalli e il tettuccio.

Spesso, sia da pendolare a pedali che da viaggiatore sui pedali, mi è capitato e mi capitano cenni più o meno di saluto, e piccole testimonianze di vita su questo pianeta da parte degli altri. Capita che  questi microcontatti non siano rivolti tanto a me quanto alla mia bici, specialmente per la curiosità magari suscitata nel vedere un mezzo "ibrido", con telaio MTB, freni a disco ma manubrio da strada. E può succedere che tale curiosità sia davvero irrefrenabile.

Un comune mercoledì da ciclopendolare, leggera pioggia.

Sto attraversando una tratto di strada un pò impegnativo e trafficato, popolato da una grossa rotonda (letale per definizione), un cavalcavia e uno svincolo della tangenziale est (per non farmi mancare proprio nulla).

Riesco a sopravvivere alle auto in coda (strada molto stretta, corsie canalizzate), svicolo via dalla rotonda, evito lo svincolo della tangenziale e affronto la gobba del cavalcavia.

Ho qualcosa da spendere nelle gambe, mi alzo sui pedali e salgo fuorisella. Un borbottìo meccanico si avvicina da tergo, mi tengo prudentemente sulla destra senza voltarmi.

Vengo affiancato da uno scooterista supervestito da pioggia che neanche i Gormiti in acido al Carnevale di Rio, che mi osserva a un metro e mezzo scarso. E già la breve distanza è sufficiente per destare allarme e innervosirmi.

Con gli occhi sempre rivolti avanti cerco di capire se il tipo cerca la rissa, o cosa. Mi suona, per attirare l'attenzione, con quella trombetta querula e fastidiosa tipica degli scooter.

Mentre continuo a pedalare fuorisella distolgo lo sguardo per un paio di secondi.

Il MotoGormito punta la bici col ditone guantato, e fa per informarsi: "E' un MISTO?".

[...]

[...]

Non colgo subito. Sarà un mio limite, l'inusuale contesto che invoglia poco alla conversazione, oppure l'uso a dir poco spregiudicato della lingua italiana mostrato dal mostro a due ruote che mi si tiene affiancato, imperterrito e in attesa di risposta.

Un misto. Ha detto proprio così. Un MISTO. Come quando si ordinano gli antipasti, nelle tavolate tra amici, al cameriere: "Facci un MISTO, va là, che facciamo prima".

Poi ci arrivo, in preda alla costernazione. Annuisco lentamente con ampia escursione della testa.

L'extraterrestre, soddisfatto, sgasa e se ne va.

Il cameriere torna con la comanda, ma non trova più nessuno al tavolo.






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